Sono passate un paio di settimane dalla kermesse di Riccione e non so perché, anzi lo so, mi risuona stamattina lo spettacolo di Vera Gheno, (elicottero patriarcale compreso) la mia sociolinguista preferita.
Mi piace davvero molto la sua attenzione alle parole ed ai significati di queste e allora cerco di imparare anch’io ad usare le parole giuste.
Come tutti, anch’io ogni tanto mi chiedo che lavoro faccio, abbiamo bisogno tutti di continue conferme, lo possiamo ammettere senza problemi, e allora sono andato a vedere la Treccani cosa dice alla parola “consulente”. La descrizione che ho trovato è questa: “Professionista a cui si ricorre per avere consiglio o chiarimenti su materia inerente alla sua professione”
Ohh, finalmente una cosa chiara!
Mi è piaciuta questa definizione per due motivi:
- il primo è che è neutra, nel senso né maschile né femminile;
- il secondo motivo sono le ultime cinque parole “materia inerente alla sua professione”.
La mia professione è far crescere le organizzazioni del Terzo Settore promuovendo la cultura e l’azione del dono attraverso il fundraising e il peopleraising; quindi, mi ritengo di poter essere un consulente in queste tre materie. Ciò significa che su altre materie, io non posso né considerarmi né appellarmi come consulente e di conseguenza il servizio che eventualmente offro non può essere chiamato consulenza.
Esempio: se mi occupassi di investimenti immobiliari potrei essere un consulente in quella materia, ma non lo sono e pertanto, se qualcuno mi chiede un consiglio sull’acquisto di una casa, quella non è una consulenza, ma un consiglio, magari dettato da un po’ di esperienza.
Si badi che non c’è giudizio in questo pensiero, ma solo la volontà di fare chiarezza, perché mi sembra che la parola “consulenza” sia utilizzata con un senso sempre più ampio e rischia di risultare fuorviante per chi la ascolta.
Ad esempio, la parola tecnico, sempre nella Treccani (capotecnico) significa: “chi svolge un servizio tecnico” che è diverso da consulente, né meglio né peggio, però diverso.
Allora il potenziale cliente che sta raccogliendo informazioni per poi poter fare le proprie valutazioni e le proprie libere scelte strategiche ed operative è nel diritto di sapere se quello che gli si sta proponendo è una consulenza o una realizzazione tecnica? Io penso proprio di sì, e non solo per etica o onestà intellettuale, ma anche per rispetto.
Se ci sono due parole diverse è perché significano cose diverse, quindi cerchiamo di stare attenti a come le usiamo, perché in questo momento (anche storico) la cosa di cui si sente meno il bisogno è ulteriore confusione.
Sulla scia di questa riflessione a breve approfondirò anche la parola “relazioni” e dell’uso sovra esteso che ne stiamo facendo e del rischio che ciò comporta… stay tuned!

Luciano Zanin
CEO Fundraiserperpassione srl-SB