Forse non ci abbiamo mai pensato davvero. Siamo abituati a parlare di fundraising per la sanità, per il welfare, per la cultura, perfino per la politica stessa. Ma cosa significano tutte queste espressioni?
Nella filosofia greca antica l’“atto politico” aveva un significato preciso. Per i Greci la politica non era anzitutto l’attività dei partiti o delle istituzioni, ma il prendersi cura della polis, cioè della comunità organizzata. Aristotele lo dice: l’uomo è un zoon politikon, un animale politico. Non può vivere da solo, ma realizza pienamente se stesso solo all’interno della città, partecipando alla vita collettiva.
Un atto politico, quindi, è ogni gesto o decisione che contribuisce a costruire o a preservare il bene comune. È politico tutto ciò che riguarda il modo in cui si prendono decisioni collettive, si distribuiscono risorse, si regolano i rapporti tra le persone. In altre parole, un atto politico è un atto che incide sul vivere insieme e che orienta la comunità verso un certo modello di giustizia, ordine e convivenza.
E il fundraising?
Da questo punto di vista, il fundraising è a tutti gli effetti un atto politico. Non politico in senso partitico, ma nel senso nobile della parola polis: governo della comunità, partecipazione, costruzione di una convivenza in cui ciascuno possa avere voce. È una visione di come vorremmo che fosse il mondo.
Se parliamo di fundraising come lo intendiamo noi – quello che mette al centro la partecipazione, che crea le condizioni perché ciascuno possa sentirsi utile e avere l’opportunità di essere felice – allora porta con sé una precisa visione politica della comunità. Una politica che non considera le persone delle comparse passive, ma attori protagonisti del presente e del futuro, in un percorso di cambiamento condiviso.
Fare fundraising significa promuovere il dono, chiedere partecipazione, attivare cittadinanza verso il bene comune. Non è mai un gesto neutro: incide sull’idea di comunità, su come le risorse dovrebbero essere distribuite, sul concetto di equità, sulla costruzione di relazioni fiduciarie fondate sull’accountability. Influenza ciò che riteniamo giusto o sbagliato rispetto al mondo che vogliamo costruire e nel quale desideriamo vivere – noi e chi verrà dopo di noi.
Molte missioni, una visione più ampia
Eppure, nel non profit e nel fundraising c’è ancora poca consapevolezza di questa dimensione. Ogni organizzazione conosce – o crede di conoscere – la propria missione: perché esiste, quali cambiamenti vuole generare per persone, gruppi o comunità. Ma se mettiamo insieme tutte queste missioni, emerge una visione più ampia: un mondo in cui sia desiderabile vivere per tutti, a prescindere dal luogo e dal tempo in cui si è nati.
Questa visione non può essere separata da quella politica di chi è chiamato a governare e ad amministrare. Anzi, il fundraising stesso, quando è vissuto come progetto e non solo come raccolta di denaro, diventa parte integrante di quella politica.
Fare fundraising, quindi, non è mai stato solo cercare risorse. È proporre un modello di comunità, è prendere posizione su come vogliamo contribuire a plasmare il futuro.
Se questo non è fare politica, cos’altro lo è?

Luciano Zanin
CEO Fundraiserperpassione srl-SB