Finisce un nuovo anno e, come da tradizione, noi di Fundraiserperpassione ci prendiamo un momento per tirare le somme di questo 2025.
Per farlo, ci siamo fatti aiutare da Julio Velasco. In questo anno di “glorificazione” dell’allenatore argentino, Luciano Zanin ha riascoltato alcuni suoi interventi e ha riconosciuto qualcosa di molto familiare: tanti concetti si possono tradurre direttamente al Terzo settore. Così ha scelto di rileggere il 2025 attraverso alcune delle sue teorie, tradotte in ciò che abbiamo visto accadere nel mondo non profit.
D’altronde, come ricorda Velasco: “Se la realtà è come è, e non come vorrei che fosse… io lì devo operare.”
Ecco la puntata speciale di Fundraising in Blues, disponibile su YouTube, nel nostro blog e in versione podcast su Spotify.
Ci siamo, anche questo anno solare volge al termine, e come di consueto, noi di Fundraiserperpassione ci prendiamo un momento per riflettere su quanto è accaduto in questi dodici mesi, magari mettendoli in relazione con i precedenti e cercando di coglierne i segnali, soprattutto quelli deboli, quelli cioè che determinano lo sviluppo delle situazioni. Come si fa nella gestione degli incendi, quando più che concentrarsi sul rogo centrale che si può solo arginare, ci si concentra sulla ricerca dei piccoli focolai che potrebbero svilupparsi.
Anno davvero strano, faticoso, soprattutto caratterizzato dall’incertezza. Vissuto tra dazi che vanno e vengono, inflazione e perdita del potere di acquisto, eserciti che si contengono fazzoletti di terra, stati che non riescono (o non vogliono) convivere. Un sacco di nefandezze che spesso non sono nemmeno in cronaca (Afganistan, Mali, Sudan, Siria, ecc.) di gente che sta male non per colpa propria, ma solo perché il caso le ha fatte nascere in un certo posto e in un dato tempo e questo non è accettabile. La definizione di regole pensate spesso solo in funzione di coloro che o sono già ricchi o lo voglio diventare, dove la discriminante è data dalla classe sociale, l’etnia di appartenenza o il patrimonio posseduto, con poca attenzione, a volte proprio nulla, alle persone ed al futuro della specie umana.
Incipit tragico, ma necessario per non dimenticare che comunque il contesto all’interno del quale operiamo è anche questo, se pur con le dovute proporzioni.
Però, il 2025, è stato anche l’anno della pallavolo, almeno per l’Italia!
Dite la verità, vi è tornata in mente la sigla del cartone animato di Mila&Shiro degli anni ’80!
Non disquisirò di fatti sportivi, non ne ho le competenze, mi diverto, e credo che sia anche molto utile sia a livello personale che sociale, cercare degli agganci tra quello che accade in “mondi” diversi ed in particolare che cosa si può imparare gli uni dagli altri.
L’anno della pallavolo perché ha vinto e non possiamo non ricordare l’allenatore più famoso dell’ambito, Julio Velasco, persona che mi piace perché per spiegare concetti difficili usa metafore ed esempi facili da comprendere per chiunque.
Non mi voglio certo paragonare al mister argentino, ma quel modo di elaborare e spiegare le cose utilizzando esempi che a chiunque capita di vivere nella propria quotidianità, lo uso spesso anch’io.
Allora dall’anno della pallavolo ho trovato quattro simpatiche, ma soprattutto interessanti comunanze con il nostro settore, e mi riferisco al Terzo Settore e al Dono, croce e delizia di noi fundraiser. E sono sicuro possano essere apprendimenti utili per tutti.
BASTA ALIBI
Vi sarà sicuramente capitato di osservare come spesso quando qualcosa non gira per il verso giusto, si tende a dare la colpa a qualcun altro o, addirittura, a quelle forme generiche e generalizzate quali “la società”, “la cultura predominante”, “la generazione x,y,z” e così via? Tradotto nel fundraising: non ho risorse economiche sufficienti per portare avanti i progetti, di chi è la responsabilità? Della Pubblica Amministrazione che non stanzia sufficienti risorse perché dice che a sua volta gli stanziamenti ricevuti dai livelli superiori non sono abbastanza per tutto. Oppure è colpa della gente che non è più generosa come una volta perché è diventata più tirchia e meno solidale; le persone sostengono che hanno perso potere di acquisto e che gli stipendi sono bassi. O, ancora, le imprese che dichiarano crisi continue per non fare erogazioni e sono diventate tutte capitaliste d’assalto. Queste, a loro volta dico che il periodo è difficile, la burocrazia è pesante, l’incertezza imperversa, le tasse sono alte, ecc.
È o non è la descrizione della teoria dell’alibi di Velasco?
È sempre colpa di qualcun altro e così il Terzo Settore continua a parlare di altri (come lo schiacciatore che parla dell’alzata) e non si concentra invece su quali siano o possano essere le soluzioni al suo problema, ad esempio, dai dai ISTAT risulta solo che il 17% delle INP fanno fundraising, in diminuzione di 4 punti percentuali rispetto al 2016,. Eppure quando parliamo con tante organizzazioni
sembra che il problema principale sia la mancanza di risorse economiche e allora proponiamo soluzioni, ma c’e sempre un problema per ogni soluzione: è colpa della pubblica amministrazione; della gente che non capisce; le contingenze economiche sono avverse; il fundraising non è roba per noi o cose del genere. Si dovrebbe invece assumere un atteggiamento di responsabilità e un approccio problem solving, al posto delle costanti (e vecchie) lamentele. Per citare Julio “non ne parliamo, risolviamo”.
PIU’ TEMPO A PARLARE DI SOLUZIONI CHE DI PROBLEMI
La seconda riflessione è legata alla prima a filo diretto. Anche in questo caso, è frutto di osservazioni empiriche. Ore e ore di riunioni passate a discutere dei problemi che affliggono il Terzo Settore. Questioni organizzative, problemi di comunicazione, analisi dei bisogni e sviluppo dei servizi, di quale debba o possa essere il ruolo che le ONP possono svolgere nelle rispettive comunità e, chiaramente, sopra a tutto la mancanza di risorse economiche ed umane, siano queste volontarie o retribuite.
Orbene, avete mai provato a conteggiare quanto sia il tempo dedicato all’analisi ed alla descrizione dei problemi e quanto sia invece quello dedicato alla elaborazione delle soluzioni? Proprio in termini di ore e minuti dedicati, in modo oggettivo, senza polemica, ma con contezza, precisione e un po’ di metodo. Vi accorgerete che spesso, anche se non sempre certo, generalizzare è sempre sbagliato ma talvolta invitabile, il tempo dedicato a trovare soluzioni è infinitamente minore. Cioè come a dire che siamo espertissimi e preparatissimi sui problemi, ma se non proprio scarsi, almeno con grandi potenzialità di miglioramento (per dirla gentile) sull’elaborazione delle soluzioni. Per esempio in una recente convention sui temi del welfare e dei servizi sociali ho assistito a delle sessioni interamente dedicate all’analisi delle situazioni critiche, alle ipotesi di quali fossero i motivi che avevano creato situazioni di stallo o di disagio, al fatto che non ci sono risorse sufficienti a fronte di bisogni crescenti espressi dalle persone. Ce ne fosse uno che ha citato qualche ipotesi di soluzione! Niente sul dono e le potenzialità che questo può esprimere come elemento di la coesione sociale e il reperimento di risorse da destinare alla soluzione dei problemi così ampiamente analizzati.
E anche questa è una riflessione mutuata da uno dei tanti interventi del mister del volley.
INDIVIDUA UNA PRIORITÀ E LAVORA PER MIGLIORARE QUELLA!
Impariamo una cosa alla volta, quella che corrisponde al più importante punto di debolezza e lavoriamo su quella. Spesso le organizzazioni con le quali collaboriamo o che ci contattano vogliono fare tutto e subito: mettere in piedi funzioni e/o uffici di fundraising, avere persone formate, fare campagne efficaci da subito, sviluppare attività di comunicazione a tutti i livelli, e, ovviamente, il tutto investendo poco, o comunque il minimo possibile. In realtà si deve prendere una cosa alla volta e migliorare quella. Fare in modo che ognuno dei player migliori la sua performance specifica soprattutto in merito ai rispettivi punti deboli, o meglio, alle aree di miglioramento. Questo significa che ogni elemento della “squadra di fundraising” va tenuto in debita considerazione: chi si occupa direttamente dei donatori, chi della comunicazione, chi dei servizi, chi della amministrazione e chi ha responsabilità di governance. Ognuna di queste funzioni va analizzata e monitorata, e per ognuna di queste vanno individuate le priorità sulle quali intervenire, allora si avrà un effetto positivo per tutta la squadra.
Ad esempio, il/la fundraiser potrebbe migliorare l’attività di progettazione e la condivisione del piano di fundraising, la comunicazione potrebbe migliorare l’utilizzo del canale digitale, l’amministrazione potrebbe registrare i dati in modo migliore, i responsabili dei servizi potrebbero passare informazioni e risultati in modo più tempestivo e chiaro, la governance potrebbe donare qualche relazione.
ADATTA LA TUA PERFORMANCE
Quando si raggiunge un risultato o si consegue un successo, ciò accade non perché siamo più bravi, ma perchè, in quella situazione, in quel tempo e in quel contesto abbiamo saputo giocare meglio. Altro insegnamento che possiamo serenamente applicare al fundraising, soprattutto a chi come noi lo promuove nelle comunità. Non serve essere i migliori, serve comprendere i contesti territoriali, le risorse umane che si possono impiegare, gli obiettivi specifici dell’ente o della comunità di riferimento. Serve fare valutazioni in modo olistico, ma nel contempo circonstanziate alle specifiche situazioni, in modo da combinare i giusti elementi in modo strategico. Anche se non si è i più esperti, se non si hanno delle strutture consolidate o grandi budget, si possono ottenere degli ottimi risultati “giocando” al meglio in quella specifica partita! Se ci concentriamo sugli aspetti tecnici es. la mail impeccabile, il timing perfetto, la comunicazione coinvolgete, potremmo ottenere comunque risultati scarsi, oltre al fatto che l’intelligenza artificiale tutte queste cose le sa fare e a volte meglio degli umani.
È abbastanza inutile comprare mille tutorial e altrettanti manuali di come si fanno le cose se prima non sai dove andare e che cosa fare, in sostanza se non si ha una visione strategica che consenta di decidere che elementi vanno assemblati per quella specifica azione in modo da ottenere il miglior risultato in quel contesto spazio/temporale.
La morale di questa storia?
Non esistono scorciatoie! Per costruire qualcosa di duraturo che sia efficacie e quindi che abbia un impatto sulla propria organizzazione e di conseguenza, sul sistema complessivo di come si organizza una comunità, sia questa un ente o un paese o una nazione, ci vuole tempo, metodo e competenze.
Potrebbe sembrare una ovvietà, quasi banale, ma un’altra cosa che nell’anno della pallavolo è stata confermata è che periodicamente va rispolverato e ricordato il motivo per il quale tutti noi stiamo “giocando” le continue partite.
Quindi per eliminare gli alibi, definire i ruoli, scegliere dove e come migliorare, con quali priorità e imparare a leggere bene i contesti, serve qualcuno che guidi, questo è il ruolo di noi consulenti, in sostanza facciamo gli allenatori!
perché, come dice il grande Julio, qualche volta ci vuole anche “un figlio di buona donna che spinga gli altri in piscina”, e li “obbliga” a nuotare. È chiara la metafora?
La posta in gioco?
Un sacco di persone che possono, e dovrebbero, vivere meglio la propria vita e la consapevolezza che questo dipende anche da noi.

Luciano Zanin
CEO Fundraiserperpassione srl-SB














