Il futuro delle RSA tra dono e fundraising

L’articolo è stato scritto da Luciano Zanin (Fundraiserperpassione – SB) e Giorgia Monetti (Focus Argento – Mondo Snoezelen – Hr Care srl) e pubblicato originariamente sull’uscita n.6 della rivista “Cura” del 6 giugno 2021

 

Verso comunità inclusive

Il futuro delle RSA e di tanti altri servizi, al di là della forma giuridica di cui sono dotate, passa dalla comunità.

Sia che si tratti di servizi per persone non autosufficienti, o semi residenziali, o ancora, di attività di housing o di servizi connessi quali centri diurni, caffè Alzheimer, attività a domicilio, ed altre ancora, necessariamente hanno una relazione con la comunità di riferimento, perché oltre alla relazione con la pubblica amministrazione, gli stessi servizi difficilmente possono essere erogati in modo efficace.

Molte di queste strutture, hanno storie decennali o centenarie e sono state costituite da fondi, donazioni, lasciti ed eredità. Anche quelle che sono sorte recentemente a cura di società “commerciali”, quindi sia la proprietà che i modelli di gestione sono finalizzati, oltre che a rispondere ai bisogni, anche a generare un profitto per gli investitori, hanno comunque a che fare con gli ospiti e le famiglie, con le associazioni presenti nel territorio e che si occupano della situazione degli anziani, oltre chiaramente agli enti pubblici preposti ai servizi sociali e sanitari, quindi la comunità è sempre presente.

Quale legame e che tipo di opportunità di possono costituire con le comunità di riferimento per far fronte anche alla grande richiesta di servizi che nei prossimi tre decenni sarà richiesta? Come non fare a questo punto una riflessione su quello che la pandemia, tutt’ora in corso, ci dovrebbe aver insegnato negli ultimi due anni? C’è forse qualcuno che possa affermare che non solo i momenti di crisi acuta come il 2020 e il 2021, ma anche l’attività ordinaria di queste organizzazioni possa essere svolta in modo efficacie senza una inter-indipendenza (per citare il sociologo Mauro Magatti) tra le strutture pubbliche e private e tra le persone e le organizzazioni?

L’andamento demografico della popolazione italiana, non solo dal punto di vista generale, ma anche in termini di aspettativa di vita e della qualità della stessa, la composizione e la disponibilità dello stock del patrimonio di ricchezza, e quindi di risorse, delle diverse generazioni e la situazione della finanza pubblica, sono elementi che ci devono far pensare a come non solo produrre i servizi nei prossimi trenta/quaranta anni per le persone anziani e dei loro caregiver, ma anche a come questi si possono sostenere in comunità inclusive, perché sono le uniche desiderabili.

Riscoprire lo strumento del dono

Modelli organizzativi di impresa di tipo “esclusivo o estrattivo” hanno dimostrato, e non solo durante la pandemia, tutti i limiti strutturali anche nei confronti dei propri interlocutori, siano essi clienti, utenti o beneficiari. La relazione di queste strutture con le proprie comunità può però trasformarsi, con opportuni investimenti, in un legame più solido attraverso il quale possano transitare risorse umane ed economiche che non sostituiscono né il contributo pubblico, né le rette degli ospiti, ma integrano e a volte in modo sostanzioso e decisivo, ciò che serve anche per gli investimenti, sia in servizi che in strutture.

Lo strumento è lo stesso che ha generato gran parte di queste strutture: il dono! Il dono è il grande escluso dall’organizzazione delle comunità degli ultimi decenni, relegato a ruolo residuale rispetto al binomio “stato e privato for profit” intorno al quale non solo i servizi di welfare, ma anche gran parte di tutte le attività sono state organizzate. Questi due “attori”, uniti all’innovazione tecnologica, hanno illuso di poter dare tutte le risposte necessarie, ma la storia non sembra proprio essere andata così. La crisi politica mondiale del 2001, la crisi economico/finanziaria del 2008 e la pandemia attuale, tre “colpi” nel giro di venti anni, unitamente alla situazione ecologica/climatica e agli spostamenti migratori mondiali, hanno fortemente messo in crisi il modello organizzativo.

Quando i due “attori” da soli è evidente che non ce la fanno, allora viene chiamato in causa il “dono”, che assume spesso nomi diversi: beneficienza, solidarietà, equità, responsabilità sociale, ma che in fondo si tratta sempre di quell’azione che fa parte dell’essere umano e che trasferisce risorse da un soggetto ad un altro e questo, sia nel risultato che nel processo, genera valore individuale e collettivo.

Allora perché non provare a mettere insieme questo puzzle: le strutture che si occupano di una parte della popolazione nel momento in cui questa è in sofferenza o stato di bisogno, una comunità che riconosce questo ruolo e le sostiene, le comunità che dispongono, se pur distribuite in modo diverso, di risorse da finalizzare a questo obiettivo, una pubblica amministrazione che persegue tale scopo, uno strumento, il dono, in grado di trasferire e trasformare in modo generativo le risorse, cosa manca?

Che qualcuno decida di farlo! È a questo punto che entra in campo il fundraiser e il fundraising, quell’insieme di strumenti, tecniche e professionalità in grado di creare le condizioni affinché vengano soddisfatti i bisogni di tutti gli stakeholder in gioco: i beneficiari dei servizi, le organizzazioni pubbliche e private atte a produrli e finanche i bisogni dei donatori.

Utilizzare il fundraising per reperire le risorse umane ed economiche

“Le linee guida ci indicano la direzione da percorrere per aumentare la qualità di vita delle persone all’interno delle Strutture socio assistenziali: approcci ed interventi pscicosociali e ambienti supportivi.
Realizzare nella propria realtà un modello di cura Person Centred Care, richiede piani diversi di intervento, da una parte la formazione del personale e dei professionisti della struttura, dall’altra interventi ambientali.
Tali interventi possono andare dalla realizzazione di una stanza snoezelen, alla creazione di un giardino sensoriale o un nucleo demenze, ad interventi massivi di rigenerazione o generazione di una nuova struttura. Si parla però ancora poco, o comunque purtroppo poco, di come si possano reperire le risorse umane ed economiche che servono per sostenere e sviluppare i servizi.

Vi sono nelle nostre comunità ingentissime risorse umane ed economiche che al momento giacciono inutilizzate o sottoutilizzate, il fundrasing può fornire gli strumenti per far sì che queste arrivino agli enti pubblici e privati che li possono trasformare in bene comune, senza snaturare gli enti non profit e senza deresponsabilizzare la Pubblica Amministrazione, ma semplicemente rendendo più efficace l’utilizzo delle risorse nelle comunità.”

La tragica pandemia che stiamo ancora vivendo, da questo punto di vista rappresenta una grande opportunità, anche per questo Focos Argento e Fundraiserperpassione hanno dato vita ad una partnership per fare proposte concrete alle RSA, per stimolarle e accompagnarle in questo processo di cambiamento che racchiude grandi potenziali di sviluppo sociale ed economico.

 

Foto di Clay Banks su Unsplash

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